Andare nello spazio per risolvere i problemi a terra: l'innovazione "in stile americano" della Motor valley italiana

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Va da Piacenza a Rimini lungo la via Emilia passando per tutte le provincie dell’Emilia Romagna. La Motor valley è uno dei più affascinanti distretti industriali italiani. Ed è un luogo dove l’innovazione non è un concetto nuovo, ma una realtà radicata. Si parla di un distretto da 16.500 imprese, oltre 66mila addetti e un export di quasi 5 miliardi di euro. Risuona di nomi come Ferrari, Lamborghini, Ducati, Dallara, Maserati, Lamborghini, Pagani e di una costellazione di medie, piccole e microimprese super specializzate.

Le startup della Motor Valley

E se le aziende citate sono da sempre sinonimo di costante innovazione, oggi neonate realtà innovative contribuiscono a fare della Motor Valley italiana un esempio di territorio vocato all’open innovation e all’attrazione di talenti. Motor Valley Accelerator, il principale acceleratore di startup italiano dedicato all’industria automotive e mobility, è nato da un’iniziativa congiunta della rete nazionale CDP Venture Capital Sgr – Fondo Nazionale Innovazione, UniCredit e Fondazione di Modena, gestito da Plug and Play e Crit. “Mettiamo in contatto le startup con aziende consolidate, investiamo un primo ticket di 100.000 euro, offriamo cinque mesi di accelerazione internazionale con mentor che ricoprono o che hanno ricoperto ruoli di altissimo livello nel settore dell’automotive. Dopo i 5 mesi gli investor possono fare altri investimenti in alcuni e si sbloccano uinvestimenti dai 500.000 in su e poi capitali più importanti da cdp”, racconta Enrico Dente, direttore dell’acceleratore. È proprio la collaborazione con le grandi aziende partner, da Dallara a Hpe Group, da Marelli a St microelectronics, Sabelt e Omr, a fare del Mva un perfetto esempio di open innovation: “Le aziende partecipano anche alla selezione delle startup – spiega Dente – con cui poi spesso collaborano e fanno progetti insieme”.

La formazione

Ma il vero valore aggiunto di questo territorio è la formazione, in cui storiche università collaborano con le imprese: Tacc, Training for automotive companies creation è un corso a scelta dell’Università di Modena e Reggio Emilia che, con una selezione all’ingresso, crea gruppi multidisciplinari misti di studenti provenienti da varie facoltà che, all’interno del corso stesso devono sviluppare un’idea imprenditoriale nel mondo automotive. Spesso le idee d’impresa si trasformano in startup.

Motorvehicle University of Emilia-Romagna (Muner) è l’associazione fortemente voluta dalla Regione Emilia-Romagna che nasce dalla sinergia tra alcuni prestigiosi atenei (Università di Bologna, Università di Modena, Università di Modena e Reggio Emilia e Università di Parma) e le case automobilistiche che cercano l’eccellenza del Made in Italy nel mondo affondando le radici storiche nel territorio: Automobili Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari, Haas F1 Team, HPE Coxa, Magneti Marelli, Maserati e Toro Rosso. “Abbiamo disegnato insieme otto lauree magistrali che non esistevano – commenta Andrea Pontremoli, presidente di Muner e amministratore delegato di Dallara – formiamo gli ingegneri del futuro basandoci sulle reali esigenze del mercato. A insegnare sono i migliori docenti delle università del territorio e alcuni ingegneri delle nostre aziende. Inoltre mettiamo a disposizione gli strumenti che usiamo internamente come la galleria del vento, piste di prova, simulatori e molto altro”.

Per ora Muner laurea 170 ragazzi all’anno: “Se potessimo raddoppiare i posti saremmo felici – continua Pontremoli – stiamo attraendo qui i migliori talenti del mondo in logica innovativa con il concetto di campus americano: una regione con università, acceleratori, aziende, un vero e proprio sistema”.

Il caso Dallara: quando la Motor valley va nello spazio

Proprio Dallara è un esempio concreto di collaborazione tra le parti in un’ottica poco diffusa in Italia e più tipica del mondo delle startup innovative. “Collaboriamo – aggiunge il ceo – con startup su tecnologie innovative: stiamo lavorando, per esempio, con i digital twin: nel simulatore un pilota guida un’auto che non è mai stata costruita, guida dei modelli matematici così da poter sbagliare senza problemi e imparare dagli errori: l’innovazione, infatti è frutto degli errori per questo è fondamentale avere strumenti per poter sbagliare ripetutamente a basso costo grazie alla tecnologia. Prendiamo ragazzi giovani neolaureati, che capiscano che il limite è solamnte la loro immaginazione e quando c’è un errore cerchiamo l’errore per non farlo risuccedere, non il colpevole. Quello che manca in Italia non sono certo le capacità o le competenze ma è la forza di osare e la voglia di costruire il futuro dove vogliamo stare”.

Un altro segreto del progresso di questa terra è la capacità di queste aziende di uscire dalla loro zona di confort: “In Dallara stiamo lavorando sullo spazio, con la SpaceX di Musk – conclude Pontremoli – le competenze che abbiamo sviluppato sul mondo delle corse e delle auto ad alte prestazioni sono utilssime per fare cose nello spazio che pone problemi molto difficili. Vogliamo portare nello spazio l’industria comune, perché se si riesce a produrre, coltivare o altro in un contesto tanto difficile, riusciremo a superare i nostri limiti e le problematiche legate per esempio al climate change a terra. L’innovazione è sfidare l’impossibile”.

Del resto quando chiesero a Kennedy perché l’America volesse andare sulla luna, lui rispose: “Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese; non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla, insieme a tutte le altre”.

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