Le aziende italiane come quelle quotate al Nasdaq: l'ambizione di Cdp

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«Pensiamo a come cambiano le prime 20 aziende quotate al Nasdaq ogni 15-20 anni: abbiamo bisogno di questo anche noi, che la giovane imprenditoria sia aiutata e indirizzata a diventare la grande imprenditoria del domani»: è questa la visione di Cassa depositi e prestiti e Cdp venture capital secondo il presidente di Cdp Giovanni Gorno Tempini.

All’evento One Inspiring connections di Rete acceleratori Cdp a Milano lunedì scorso (il 6 marzo) c’erano tutti. Investitori, istituzioni, aziende e tante, tantissime startup. La rete cresce e con lei il tessuto dell’innovazione sostenuto da Cdp. Oggi gli acceleratori della rete sono 18 ma, come annunciato dalla presidente di Cdp Venture capital Francesca Bria, diventeranno 20 entro fine anno e continueranno ad aumentare anche nei prossimi anni.

I numeri

La Rete nazionale acceleratori ha raccolto 135 milioni di euro. Cdp Venture Capital ne ha deliberati 85,5 milioni, gli altri sono arrivati dai co-investitori. La Rete segue i filoni tradizionali dell’innovazione italiana, come fintech e agrifood, ma anche silver economy e fitness con l’acceleratore We Sport Up al Foro Italico di Roma, mobilità sostenibile con il Motor Valley accelerator, aerospace a Torino, edutech e hospitality a Venezia, greentech a Roma.

La particolarità del modello sta nel forte approccio nazionale unito allo stretto legame con i territori: «Vogliamo sottolineare: abbiamo scelto di non accentrarlo, di essere più distribuiti possibile – aggiunge Gorno Tempini -. Cresceremo in termini di numero ma anche di coinvolgimento: più imprese, università, istituzioni. Anche il Sud è parte di questo cambiamento».

A oggi la Rete conta 3000 candidature ricevute, 200 startup accelerate e l’obiettivo annunciato da Bria durante l’evento è accelerarne 200 all’anno: «Selezioniamo le startup in base alle tecnologie strategiche e alle esigenze del territorio», aggiunge la presidente.

Il modello Cdp

Alla base del modello degli acceleratori Cdp c’è la collaborazione, volta all’open innovation: «Ogni acceleratore che fa parte della rete nazionale – spiega Enrico Resmini, amministratore delegato di Cdp Venture Capital – prevede la sinergia fra le best practices degli operatori nazionali e internazionali, che hanno esperienza di accelerazione di startup, di partner territoriali che conoscono il contesto locale in cui si  inseriscono i programmi e delle corporate, che fanno da sponsor o investitori sviluppando collaborazioni virtuose di contaminazione».

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