Videogiochi, un business da 1 miliardo e mezzo (ma pochissimi restano in Italia)

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Quello dei videogiochi in Italia è un business quanto mai florido: il giro d’affari nel 2017 ha sfiorato il miliardo e mezzo di valore, secondo la fotografia scattata dall’ultimo Rapporto Aesvi (l’assocaizione che rappresenta l’industria dei videogiochi in Italia). Numeri in crescita impetuosa, visto che nel 2015 il mercato era stimato in 952 milioni di euro.

Il punto debole però non sta nella domanda, ma nell’offerta domestica: perché i produttori di videogames nel Belpaese restano una nicchia di microimprese che faticano a competere con i colossi tecnologici e gli studi nordamericani e asiatici. L’ultima rilevazione in questo senso, rilasciata a fine 2016 sempre dall’Aesvi, parlava di un fatturato complessivo di circa 40 milioni di euro. Numeri quasi marginali ma in forte crescita: era di 20 milioni il giro d’affari rilevato due anni prima. «La metà circa del campione (47%) ha una struttura costituita da uno a cinque collaboratori stabili – si legge nella ricerca –. Il 42% degli studi di sviluppo di videogiochi ha invece più di cinque addetti».

Dal nuovo Rapporto Aesvi, che si basa su una ricerca effettuata da IPSOS Connect su commissione di ISFE, emerge come 17 milioni di italiani abbiano giocato con un videogame nell’ultimo anno, ovvero il 57% della popolazione tra i 16 e i 64 anni. Il 59% dei giocatori sono di sesso maschile. Il trend spinge sul mobile, dallo smartphone al tablet: insieme questi due supporti totalizzano il 52% del campione, mentre il 48% ha dichiarato di giocare su console e il 46% ha utilizzato un pc.

Il giro d’affari dei giochi su app è quello che cresce di più: il fatturato di questo segmento è pari a 385 milioni di euro, mentre il digital download su console e pc vale 294 milioni di euro.

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