P101, nuovo fondo d'investimenti in digital e tech. Già raccolti 65 mln
Già raccolti 65 milioni di euro, ma l’obiettivo è di arrivare a 120: sono i numeri del fondo “Programma 102”, il nuovo veicolo lanciato dal gestore di venture capital P101 Sgr, specializzato in investimenti in società digitali e technology driven. A differenza del primo fondo, dedicato alla fase early stage, il nuovo veicolo investirà dall’early stage al later stage con singoli ticket da 1-2 milioni fino a 8-10 milioni per singola società, ma guarderà anche a poche e selezionate operazioni seed.
Il focus di “Programma 102” saranno principalmente realtà basate in Italia, ma anche imprenditori italiani all’estero e società europee che vogliano entrare sul mercato italiano. Il precedente programma di P101, lanciato nel 2013, ha investito in quattro anni 40 milioni di euro in 26 società tecnologiche early stage, fra cui BorsadelCredito.it, Cortilia, Tannico e Musement, realizzando exit come quelle di Bauzaar e Octorate.
Food, fashion, design, fintech i settori d’investimento
Al primo closing, che ha raccolto oltre 65 milioni, il nuovo fondo ha ottenuto il contributo di investitori istituzionali come il Fondo Europeo per gli Investimenti, Fondo Italiano d’Investimento, Azimut – tra i principali investitori del fondo lanciato nel 2013 –, Fondazione Sardegna e numerosi investitori e imprenditori di spicco del panorama italiano. Il target di investimento del nuovo fondo saranno società digitali e technology driven che forniscono servizi B2C e B2B nei settori food, fashion, design, travel, oltre a real estate, fintech e cyber security.
«Il lancio del secondo fondo consentirà di consolidare la nostra posizione in Italia con una massa critica che comincia sicuramente ad avere dimensioni significative anche rispetto al panorama europeo – commenta Andrea Di Camillo, Managing Partner e fondatore di P101 SGR – Le maggiori masse gestite ci permetteranno di aumentare la capacità di investimento per singola azienda e nel medio periodo. In questo modo cercheremo di colmare ulteriormente quello che è ancora oggi l’evidente gap dimensionale tra gli investimenti medi per azienda rispetto al resto del panorama europeo, per non parlare di quello cinese o statunitense».