Onde gravitazionali: le scoperte di una nuova astronomia

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C’è un filo invisibile che lega la vita di ognuno di noi all’osservazione del cielo. Il cielo ci affascina e ci attira, stimola domande e interrogativi, suscita meraviglia e ammirazione. La ricerca scientifica non fa eccezione. Tanti sforzi di comprensione anche scientifica del reale sono partiti proprio dall’indagine astronomica. Fino a Galileo l’unica possibilità di osservazione era l’occhio umano, e con esso si potevano registrare i movimenti degli astri visibili a occhio nudo. Dall’invenzione del cannocchiale in poi, l’uomo ha iniziato a scoprire le dimensioni impensabili dell’Universo, l’infinita varietà dei corpi che lo popolano e si è abituato a stranezze sempre più grandi: abbiamo iniziato conoscendo i nostri dintorni cosmici, cioè il Sistema solare, in seguito abbiamo compreso cosa sono le galassie e abbiamo iniziato a capire di cosa sono composte e infine abbiamo dapprima ipotizzato e poi rilevato la presenza di corpi celesti al limite della comprensione, come quasar, nane bianche, stelle di neutroni e buchi neri, detti giustamente “oggetti esotici”, come esotica è la materia stessa che li costituisce.

Quante astronomie ci sono?

Per raccogliere più informazioni possibili dagli abissi celesti, negli ultimi decenni si sono sviluppati diversi tipi di astronomia accanto a quella che indaga il cielo alle lunghezze d’onda cui è sensibile l’occhio umano: dapprima la radioastronomia, poi l’astronomia X, quella Gamma, quella a neutrini, ciascuna in grado di rilevare le caratteristiche di fenomeni diversi, che emettono radiazioni o particelle differenti. Il cielo visto ai raggi X è differente da quello nel visibile o nelle microonde. La caratteristica comune di queste declinazioni dell’astronomia è il fatto di rilevare i segnali che ci arrivano dal cosmo grazie alle onde elettromagnetiche o a particelle subnucleari.

Il 14 settembre del 2015 si è invece posta la pietra angolare per la costruzione di una nuova astronomia che osserva il cielo senza rilevare radiazione elettromagnetica o una particella: in quella data infatti gli osservatori Virgo e LIGO rilevarono per la prima volta nella storia il passaggio di un’onda gravitazionale. LIGO è un duplice interferometro di grandi dimensioni situato negli USA, che lavora in cooperazione con l’analogo osservatorio Virgo, ospitato nelle campagne nei pressi di Pisa, in Italia, frutto di una collaborazione Italo-Francese, con Istituto Nazionale di Fisica Nucleare come capofila.

Le onde gravitazionali sono alterazioni temporanee in forma di onda del tessuto spazio-temporale, la cui esistenza è prevista dalla Teoria della Relatività Generale. L’immagine che Einstein costruisce del cosmo può essere resa in modo analogico pensando allo spazio come un immenso telo con determinate caratteristiche di elasticità, su cui trovano spazio gli oggetti cosmici: ognuno di essi crea affossamenti più o meno marcati nel telo a seconda della sua massa. Immaginando che la luce viaggi proprio a livello del telo, è facile comprendere come la presenza degli avvallamenti ne modifichi la traiettoria e che oggetti più massicci creino distorsioni maggiori.

I buchi neri

Un buco nero è un oggetto così pesante da incurvare il telo all’infinito, con la conseguenza che se un fotone gli passa troppo vicino non riuscirà più a proseguire il suo viaggio. Gli oggetti celesti, però, non sono fissi, eterni e immutabili, ma nascono, si sviluppano e vanno incontro a finali di esistenza più o meno catastrofici: quando un oggetto di grande massa – cioè decine di volte quella del Sole – va incontro a uno di questi eventi oppure quando due di questi oggetti si scontrano, fondendosi per effetto della enorme attrazione gravitazionale reciproca, sul “telo” dello spazio-tempo si generano delle increspature che viaggiano per tutto il cosmo, come se qualcuno avesse dato un colpo al telo proprio nel punto dello scontro. Le onde gravitazionali sono queste increspature, che però non possono essere rilevate con un telescopio, perché non sono radiazione elettromagnetica, né con un rivelatore, perché non sono particelle in viaggio nel buio cosmico, ma misurando in modo indiretto le temporanee modifiche che lo spazio-tempo subisce per effetto del loro passaggio.

La struttura sperimentale adottata per aprire i nostri occhi all’osservazione delle onde gravitazionali è esattamente quella dell’interferometro di Michelson e Morley, che alla fine del XIX secolo consentì ai due scienziati americani di determinare l’indipendenza della velocità della luce dallo spostamento dell’etere, ipotetica “sostanza” che i fisici pensavano costituisse il substrato su cui si muove la radiazione elettromagnetica. L’idea dell’etere venne abbandonata proprio grazie a questo esperimento.

L’interferometro ha una struttura a croce: un braccio ospita la sorgente di un fascio luminoso che incide uno specchio semitrasparente a 45°, dividendosi in due fasci perpendicolari (altri due bracci della croce) , i quali vengono riflessi da due specchi e si ricompongono sullo specchio semitrasparente. Un ricevitore posto nel quarto braccio osserva cosa accade ai due fasci che si ricompongono al centro del percorso: sul divisore del fascio si formano infatti figure di interferenza dovute alla lunghezza d’onda e alle distanze fra lo specchio divisore e i due specchi riflettenti. L’esperimento originario si poteva realizzare su un tavolo, gli interferometri Virgo e LIGO hanno bracci lunghi tre chilometri, perché la lunghezza dei bracci aumenta la sensibilità dello strumento. Sono scavati sottoterra e costruiti con sistemi per ammortizzare eventuali eventi sismici o vibrazioni di qualsiasi altra natura. Questo setup sperimentale consente di rilevare il passaggio di onde gravitazionali, in quanto le variazioni nella lunghezza dei bracci, anche minime, generano variazioni nelle distanze degli specchi, misurabili nelle figure di interferenza.

Alcuni eventi “esotici”

I 3 osservatori-interferometri attualmente in funzione lavorano insieme, condividendo i dati e controllando eventuali rilevazioni, in modo da escludere eventi differenti dalle onde gravitazionali.

Il primo evento rilevato nel 2015 riguardava la fusione di due buchi neri di piccole dimensioni. I due “mostri” galattici hanno spiraleggiato a velocità sempre maggiori, cadendo uno dentro l’altro e infine unendosi a creare un nuovo buco nero. Le osservazioni hanno rivelato che la somma delle masse prima della fusione è maggiore della massa del buco nero risultante, cioè che qualcosa in termini di massa si è perso nell’evento-fusione. Sappiamo però che anche per eventi tanto esotici deve valere la legge di conservazione dell’energia: questo significa che la mancanza di massa nel prodotto finale si è dovuta trasformare in “qualcosa” che bilanciasse il conto della massa, perché in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. La Relatività ristretta ci dice che energia e massa sono come due facce della stessa medaglia: è la famosa equazione E=mc^2. L’onda generata dall’evento-fusione trasportava una energia pari esattamente alla massa mancante. L’osservazione di questo evento ha portato al Premio Nobel per i fisici che hanno partecipato alla interpretazione dei dati. Nota di colore: fra di essi c’era Kip Thorne, conosciuto anche per la sua consulenza scientifica a Christopher Nolan sul film Interstellar e sul recente Tenet.

Nel maggio del 2019 Virgo-LIGO hanno rilevato un nuovo evento, di cui hanno dato notizia all’inizio di settembre in due articoli su riviste ufficiali: la fusione di due buchi neri medio-grandi, vale a dire 85 e 66 masse solari, che hanno dato vita a un nuovo buco nero di massa pari a 142 masse solari, alla distanza di 17 miliardi di anni luce da noi. La somma “algebrica” delle masse iniziali è 151 masse solari, circa 9 masse solari in più rispetto alla massa del buco nero prodotto. La scoperta è estremamente rilevante, per via delle masse dei buchi neri coinvolti. La ricerca sui buchi neri, infatti, per ora contemplava la formazione di buchi neri piccoli o molto grandi, come quelli al centro delle galassie a spirale, ma nessuno aveva ancora ipotizzato un meccanismo convincente per la nascita di buchi neri di centinaia o migliaia di masse solari. Ora questo evento è stato osservato e verificato e inizia adesso la costruzione di una integrazione soddisfacente della teoria sui buchi neri. Gli eventi osservati dal sistema LIGO-Virgo sono pochi, ma di importanza straordinaria per il progresso della conoscenza dell’Universo, delle leggi che lo governano e della sua storia. Lo studio delle onde gravitazionali è una vera e propria finestra nuova aperta sulla realtà, che sta già consentendo di allargare il nostro sguardo, di approfondirlo e di confermare o correggere teorie e immagini che la scienza ha permesso di costruire fino a oggi.

C’è qualcosa di sorprendente nel reale, ma forse c’è qualcosa di ancora più meraviglioso nell’uomo che osserva e inventa modalità complesse ma efficaci per cogliere la componente imprevedibile e irriducibile della realtà. Lungi dall’essere un cammino a esaurimento, la ricerca scientifica del cosmo si rivela come un allargamento continuo dell’orizzonte conoscitivo umano. Risuonano le parole di un famoso e controverso teologo e scienziato, Pierre Teilhard de Chardin, che sintetizza in modo straordinario la traiettoria della conoscenza della natura: “La storia della scienza naturale può essere riassunta come l’elaborazione di occhi sempre più perfetti entro un cosmo nel quale c’è sempre qualcosa di più da vedere”.

di Nicola Sabatini

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