Prisma Tech, l'abilitatore 3D che accelera il Made in Italy

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail
Giuseppe Donanzan

Giuseppe Donanzan

La terza dimensione, quella che dona profondità al disegno e all’immagine in movimento: non c’è forse metafora più potente della trasformazione digitale, partita trent’anni fa e oggi in fase di accelerazione esponenziale. Potente perché trasversale: dall’automotive alla moda, le tecnologie 3D hanno contaminato i processi industriali, fino a unire i concetti di produzione e di comunicazione. «Festeggio i miei primi trent’anni dedicati al Cad, di cui gli ultimi sedici con Prisma Tech, azienda che ho contribuito a fondare». Giuseppe Donanzan, amministratore delegato di Prisma Tech, parla di fronte a una platea gremita di clienti al Customer Meeting annuale, che si è svolto il 21 giugno sul Lago di Garda.

«All’inizio il nostro mercato principale era l’industria meccanica, soprattutto nel ramo machinery. Oggi i confini stanno scomparendo, le nostre tecnologie sono utilizzate in settori come la moda e il marketing, oltre che nelle scuole, come l’ITS Cosmo di Padova, a cui forniamo software ma anche docenti». Con sedi a Bologna, Padova e Milano, Prisma Tech fornisce consulenza, software e dispositivi di modellazione 3D – propri e di partner esteri – a un migliaio di aziende italiane.

Il numero di partecipanti in sala conferma la pervasività di un processo di digital transformation che porta a ripensare un po’ tutti i settori. A raccontare le loro esperienze ci sono Pmi della meccanica, del design fino ad arrivare al vetro artigianale e alla moda. Da Yudo Italy, leader mondiale dell’hot runner, il sistema di iniezione a caldo per lo stampaggio delle materie plastiche, a Jonny Mole, studio di design integrato nel distretto veneto della scarpa sportiva e della bicicletta.

«L’innovazione nel fashion è stata la più dirompente – racconta Donanzan –. Si usavano programmi 2D ma la terza dimensione mancava ancora. Noi l’abbiamo introdotta dal 2013, non nelle modellerie, dove tutti immaginavano, ma direttamente nell’ufficio stile, dando i software in mano ai designer. Non ci credeva nessuno, oggi anche i competitors si sono convinti della bontà di quell’intuizione che permette di arrivare a una collezione digitale, ancor prima di aver prodotto i prototipi».

Se la terza dimensione approda all’ufficio stile

Crede nel valore aggiunto delle tecnologie 3D anche Dainese, marchio globale dell’abbigliamento tecnico e sportivo. «Da noi il 3D ha rivoluzionato il flusso di lavoro – racconta Alberto Lovisetto, senior designer di Dainese –. Progettiamo a tre dimensioni già in ufficio stile. I modellisti prima impiegavano otto ore a realizzare i tagli per una giacca, ora basta un’ora. Il progetto è più chiaro fin dall’inizio, così si realizzano meno prototipi, ottimizzando costi e tempistiche». Il prossimo step evolutivo? «La realtà aumentata, su cui ci stiamo già muovendo con Prisma Tech».

La tecnologia non si installa da sola, e le conoscenze per usarla non vengono da sé. Servono abilitatori, di software e di competenze. «Nel passaggio dalla progettazione 2D a 3D Prisma Tech ci ha convinti per un motivo: non ci hanno nascosto le difficoltà» racconta Domenico Dattilo di Fidia, azienda piemontese nata nel 1974 per produrre controlli numerici che ora ha ampliato il raggio d’azione alle macchine utensili.

Il problema del recupero e della condivisione dei dati fra le tre sedi aziendali era il nodo più serio. Storia simile alla Gefit di Allessandria, che realizza linee di assemblaggio per l’industria automotive: «Coprogettiamo in Cina e in Italia, ora il file in lavorazione si sincronizza in un minuto» spiega Pierluigi Acerbo, Cad manager di Gefit.

La “fusione digitale” del vetro di Murano

Dal Piemonte, terra d’elezione dell’industria automobilistica, a Murano, sinonimo di vetro. Barovier&Toso, impresa artigianale attiva da settecento anni, ha scelto Prisma Tech e Autodesk per configurare e presentare i suoi lampadari di lusso in 3D. «Nel 1990 siamo stati i primi nel nostro ambito a lavorare con un Cad, anni dopo siamo passati al 3D. Le soluzioni Autodesk ci hanno consentito di vedere immediatamente quello che i nostri designer avevano in mente» racconta Massimo Bovi, communication manager.

Da loro la macchina è una sola: la mano dei maestri vetrai. Sono loro la “stampante 3D” che realizza il prodotto. «Le prove in fornace restano imprescindibili, ma oggi eseguiamo meno test – spiega Bovi – perché il software raggiunge un livello di precisione maggiore. E poi c’è l’aspetto commerciale: ogni oggetto è unico, e comprare un lampadario fatto a mano che ancora deve essere realizzato, a prezzi elevati, non è facile. Il software ci consente di mostrare al cliente dei rendering molto realistici dell’oggetto».

Ti potrebbe interessare