Alla ricerca del Fondo Nazionale Innovazione

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Un’analisi, fra luce e ombre, del mondo dell’innovazione in Italia. Partendo da una richiesta molto concreta: lo sblocco del Fondo Nazionale Innovazione, tutt’ora nel limbo. A firmare un corposo e interessante articolo su Agenda Digitale è Gianpiero Ruggero del Cnr. Un’occasione per fare il punto fra le misure già attuate per aziende, esistenti o nuove, innovative e quanto invece rimane da fare. Alla ricerca di quel Fondo che pareva già essere sdoganato, tramite decreto, ma sta aspettando ancora un passaggio fondamentale: la firma del Ministro per il Sud, Barbara Lezzi.

Con la legge di Bilancio 2019, insieme al Fondo Innovazione, erano state previste altre norme ad hoc per startup (credito di imposta per le società che comprano startup innovative, sgravi fiscali per i business angels che decidono di comprare quote di startup per almeno 40mila euro in 3 anni; convergenza di risorse verso gli investimenti in startup in arrivo da altri strumenti o dalla chiusura di misure desuete) che avevano suscitato interessanti spunti di interesse e una positiva ambizione.

Purtroppo l’intenzione di creare una massa critica mediante una “coagulazione” di interventi e delle risorse si sta rivelando di ardua applicazione e non è facile comprendere sia l’effettività del dimensionamento annunciato, sia quanto siano d’ostacolo a un’efficace attuazione la normativa secondaria e il compimento di determinati passi pubblici e privati diretti a incidere inevitabilmente su governance e rapporti in centri importanti di potere economico, e non solo.

Ruggiero riconosce la grande importanza dell’open innovation. Un approccio che sempre più si trova nelle aziende italiane, anche se ancora troppo spesso messo in atto in maniera inconsapevole. Lo spirito creativo, quello che porta ad una strategia innovativa, e il business model capace di tenere in piedi l’azienda, garantendone lo sviluppo, devono correre assieme. Così si pensa, come ricorda Ruggiero, ad un passaggio da open innovation ad open integration. Con quest’ultima definita come la «capacità di integrare sistemi esterni e interni di conoscenza, risorse e skills». Centrale, in questo, il ruolo dei centri di ricerca. Ad aiutare il cambiamento di paradigma ecco arrivare il 5G, capace di aprire la strada ad una nuova generazione di servizi necessari allo sviluppo digitale del Paese. L’analisi di Ruggiero suggerisce quindi come le possibilità di cambiare marcia ci siano tutte. A patto, però,

che la burocrazia o le dinamiche interne del Governo rallentino o addirittura frenino il potenziale di crescita del nostro Paese.

 

 

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