L'Italia creativa che cresce: in 5 anni i brevetti depositati segnano +34%

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C’è un’Italia che inventa, crea e valorizza la propria creatività, e ha imparato a farlo sempre meglio negli ultimi anni, pur segnati da un’economia in difficile ripresa dalla lunga crisi. Nei cinque anni che intercorrono tra il 2013 e il 2018 il numero di domande di brevetti e marchi nazionali depositate è cresciuto del 34,6%, passando da 38.078 a 51.252 brevetti.

È quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Ministero dello Sviluppo Economico – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, presentata il 25 gennaio 2019 nel corso di un convegno su Open Science & Innovation a Milano.

Le città con più inventori

La classifica per brevetti tra invenzioni, modelli di utilità, vede al primo posto tra le province Milano, con 18.583 tra invenzioni e modelli di utilità (+2,4% rispetto al 2017, +27,8% dal 2013). Al secondo posto c’è Roma (12.318, +4,4% in un anno, +117,5% in cinque) e al terzo Torino (9.081, +5,6%, +7,4%). Seguono Udine, Vicenza e Bologna con oltre mille domande.

donna brevetto robotica ingegnereNella classifica per marchi registrati ancora Milano in testa con 13.148 marchi, +2,9% rispetto al 2017 e +7,2% in cinque anni. Seguono Roma con 7.342, Torino con 4.283 e Napoli che, con 3.048 registrazioni, è quella a registrare la maggior crescita sia in un anno (+17,2%) che in cinque (+81,5%). Superano i mille marchi anche Firenze, Bologna, Padova e Verona.

Tra le regioni primeggia la Lombardia: nel 2018 sono quasi 20 mila le domande depositate rispetto alle 15 mila del 2013, +30%, pari al 39% del totale nazionale che è di oltre 51 mila. In crescita anche le richieste per i marchi: 16 mila nell’ultimo anno, +7,4% in cinque anni, 30%. Il totale (oltre 36 mila depositi su 110 mila circa in Italia) fanno della Lombardia la regione in cui si brevetta di più, seguita da Lazio con 20 mila e Piemonte con 15 mila.

Trasferimento tecnologico: “open innovation” abbatte i muri

Secondo Renato Ugo, presidente dell’Airi, l’associazione italiana per la ricerca industriale, «la promozione in Italia della “open science and innovation” richiede il superamento di alcune intrinseche debolezze storiche, poiché la collaborazione tra ricerca pubblica e quella privata si basa ancora spesso su rapporti personali e non istituzionali, oltre che sulla prossimità territoriale. Per dare un respiro più ampio e più funzionale a questa collaborazione occorre intervenire per favorire concrete e valide progettualità di comune interesse, che nascano da potenzialità di innovazione a partire dai risultati ottenuti dalla ricerca pubblica così da trasformarli in reali opportunità di “open innovation” per l’industria».

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