Impresa 4.0, chi delocalizza dovrà restituire gli incentivi

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Chi delocalizza dovrà restituire gli incentivi fiscali del piano Impresa 4.0., entro i primi cinque anni dal loro ottenimento. Il decreto su lavoro e fisco approvato il 2 luglio dal Consiglio dei ministri, il cosiddetto “decreto dignità”, introduce una stretta sulle delocalizzazioni ampiamente annunciata. Dimezzata la durata della validità della misura anti-delocalizzazione, rispetto a quanto era stato ipotizzato nelle prime bozze del decreto in cui si ipotizzava un “divieto” di 10 anni.

Nella stesura finale, entro i primi 5 anni dall’ottenimento di incentivi fiscali non sarà possibile trasferire l’attività economica all’estero. O meglio, sarà possibile, ma pagando caro: chi lo farà dovrà infatti restituire il contributo con tanto di interessi – calcolati al tasso di riferimento vigente al momento dell’erogazione dello stesso, maggiorati fino a 5 punti – con l’aggiunta di una sanzione pari al valore dell’importo indebitamente fruito moltiplicato da due a quattro volte.

Le nuove misure per contrastare la delocalizzazione interessano anche l’iperammortamento fiscale previsto dal piano Impresa 4.0 (già Industria 4.0), che ha offerto agevolazioni per supportare le imprese che investono in beni strumentali nuovi, in beni materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica dei processi produttivi. Nel mirino, come spiega Il Sole 24 Ore, ci sono «le cessioni a titolo oneroso o la delocalizzazione all’estero dei beni e dei macchinari incentivati».

Se un’azienda, ad esempio una multinazionale, ha acquistato dei macchinari tecnologici grazie agli incentivi di Impresa 4.0, e li vende o sposta all’estero, deve pagare. Restituendo, attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile, i benefici fiscali applicati nei periodi di imposta precedenti.

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